23 dicembre 2011

COMING SOON... BOOK FOR CHRISTMAS 2011


FINALMENTE SIAMO ON-LINE !!!!

L'anteprima su BLURB cliccando sull'immagine qui sotto


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Un libro fotografico, realizzato con l'amico e collega Alceste.
Alla scoperta di Roma oggi... e di come era un tempo.

A photo-book, made with a colleague and friend Alceste.
To discover Rome today ... and as it once was.


Un libro de fotografia, hechas con mi amigo y colega Alceste.
Descubrir Roma hoy en dia ...y como lo era antes.

Un livre de photographies, faites avec mon collègue et ami Alceste.
Découvrir Rome aujourd'hui ...et comme il était autrefois.

Ein bildband, mit meinem freund und kollegen Alceste gemacht.
Rom entdecken heute ...und wie es einmal war.

今、そしてかつてのローマを発見するために、

友人と同僚のアルチェステと一緒に作った本。


Per ora il libro è nella versione 28x33 cm (218 pagine)
e nella versione per I-pad e I-phone.
Prossimamente lo pubblicheremo nella versione 30x30 cm.
ed in quella in inglese.


E SPERO CHE PRESTO POSSA VEDERE LE ROTATIVE (abbiamo buone speranze con una grossa casa editrice nazionale) ANCHE QUEST'ALTRO VOLUME, CUI TENGO MOLTO ESSENDO UNA PROMESSA FATTA A MIO PADRE, E DA LUI A MIO NONNO...

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Un libro, scritto con mio padre, dedicato alle Confraternite ed alle Corporazioni dei lavoranti artigiani di Roma, da Numa Pompilio al Fascismo, e l'origine dei nomi delle strade in cui avevano le loro botteghe.


A book, written with my father, dedicated to the fraternities and guilds of workmen artisans of Rome, Numa Pompilius to Fascism, and the origin of the names of the streets where they had their shops.

Un livre, écrit avec mon père, dédié à les confréries et à des corporations de métiers d'ouvriers de Rome, par Numa Pompilius au fascisme, et l'origine du nom des rues où ils avaient leurs boutiques.

Ein Buch, mit meinem Vater geschrieben, und Bruderschaften, die Zünfte der Handwerker von Rom, Numa Pompilius, den Faschismus und die Herkunft der Namen der Straßen, in denen sie ihre Geschäfte gewidmet.

Un libro, escrito con mi padre, acerca las cofradías dedicadas a los gremios de obreros de Roma, por Numa Pompilio al Fascismo, y el origen de los nombres de las calles donde tenían sus tiendas.


ヌーマ・ポンピリオ王の時代からファシズム時代まで続いたローマの職人の協会と組合

に、そして


職人たちの店があった通りの名前の起源に捧げて、父と一緒に書いた本。


18 dicembre 2011

CUCINA ROMANESCA - CROSTINO MOZZARELLA E ALICI

Si sa che le cose migliori le ispira la povertà, che a sua volta acuisce l'ingegno e la fantasia. Così tanti piatti della tradizione culinaria romana sono ispirati, invero per necessità economica, da materiali poveri se non proprio (almeno una volta) di scarto, come la coratella, la coda, la trippa o altre portate preparate con il cosiddetto "quinto quarto".
E così, dopo la provatura fritta, ecco una cosa semplice semplice e veloce veloce che io ho preparato in 4 minuti grazie al microonde (ma che una volta veniva preparata sul piano in ghisa della stufa a legna o, dai più abbienti, sul camino o nel forno a legna.
Ottima come secondo piatto ma anche, magari realizzandola con tranci di ciriola o di baguette, in versione quasi finger food per antepasto.

CROSTINO DI MOZZARELLA E ALICI

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INGREDIENTI (per 4 persone):
2 ciriole romane (vedi link sopra) oppure 1 baguette
(ma va anche bene del pane di Altamura)
1 fior di latte (o 1 provatura)
alicette sott'olio
pepe nero

PROCEDIMENTO: tagliare la mozzarella a fette di circa 1 centimetro e metterle da parte a scolare un po' del liquido interno; tagliare anche il pane a fette dello spessore di circa 2 centimetri.
Sulla fetta di pane disporre quella di mozzarella e, su quella, un paio di alicette (senza neanche scolarle troppo del loro olio, soprattutto se sono di buona qualità entrambi).

Una grattatina di pepe nero e ...via nel microonde (a potenza massima per 3 minuti) o nel forno (a 180° per 5/7 minuti).
Margiarle subito, fintanto che la mozzarella è filante.

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13 dicembre 2011

CUCINA ROMANESCA: IL PANGIALLO

Il Pangiallo è un dolce tipico, con le dovute varianti, di tutto il centro Italia che si prepara fin dall'antichità con la frutta secca ed il miele in occasione del Solstizio d'Inverno.
E' giallo in quanto si differenzia dal Panpepato, oltre che per il cioccolato, per la presenza di una copertura a base di zafferano, che gli da colore e relativo nome, e sta a simboleggiare il futuro avvento del nuovo sole primaverile, con la conseguente rinascita delle colture dei campi.

PANGIALLO

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INGREDIENTI (per un panetto da un chilo o per due da 500 grammi):
100 gr. di uvetta sultanina
100 gr. di fichi secchi
50 gr. di mandorle
50 gr. di nocciole
50 gr. di pinoli
50 gr. di noci
75 gr. di cedro candito
75 gr. di arancia candita
50 gr. di cioccolato fondente
150 gr. di farina + un paio di cucchiai a parte
100 gr. di zucchero a velo
150 gr. di miele liquido
Mezza noce moscata grattugiata
Mezzo cucchiaio di pepe nero grattugiato

PER LA COPERTURA:
Una bustina di zafferano
Due tuorli d’uovo
Due cucchiai di farina
Un cucchiaio di zucchero a velo


PROCEDIMENTO: Tagliare in quattro ogni fico secco e mettere i tocchetti in una capace ciotola in cui avrete aggiunto gli altri ingredienti “secchi.
Amalgamare bene tutti gli ingredienti, con le mani, dopo aver aggiunto i 150 grammi di farina: questa operazione farà si che i canditi e l’uvetta, più appiccicosi, resteranno ben separati dagli altri ingredienti.
In una capace pentola, con un paio di cucchiai di acqua, aggiungere lo zucchero a velo ed il miele, mescolando finché il composto non inizierà a fare delle bollicine sui bordi. A questo punto togliere la pentola dal fuoco e versare il composto secco su quello dolce, amalgamando bene il tutto per circa un minuto. Una volta ottenuto un composto omogeneo capovolgerlo su un piano di lavoro spolverato con due cucchiai di farina e dargli la forma di un grosso panetto, o due più piccoli: io mi sono aiutato compattando il composto in una piccola insalatiera rivestita con pellicola da cucina e poi capovolgendo il tutto sulla teglia da forno.

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Preparare la pastella di copertura sbattendo i due tuorli con la farina, lo zucchero a velo e lo zafferano lasciato rinvenire in un paio di cucchiai di acqua tiepida.

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Spennellare con la pastella la superficie del pangiallo quindi infornarlo, ponendolo su una teglia coperta con un foglio di carta forno, per 30/35 minuti a 170°.
Alcune varianti prevedono, per la pastella, l’uso di due cucchiai di olio al posto dei tuorli d’uovo oppure la semplice spennellata dei panetti con l’uovo sbattuto, senza l’aggiunta degli altri ingredienti.

23 novembre 2011

CUCINA ROMANESCA - LA PROVATURA FRITTA

La provatura, un formaggio a pasta filata molto simile alla mozzarella, è "la prova", ossia la parte che viene ricavata dal formaggio in lavorazione per testarne la qualità della filatura.
La prima nota storica riferentesi a questo prodotto caseario, tipico del Lazio e della Campania, consiste in un documento del XII secolo reperito nell’Archivio Episcopale di Capua.
La sua produzione, dal XVI secolo ad oggi, si estese a tutto il centro sud ed è tutt'ora prodotta, con latte di bufala o di mucca, in forma rotonda di dimensioni minori rispetto al classico "fior di latte".
Io, sinceramente, ammetto di aver utilizzato per questa preparazione un banale fior di latte, in quanto a Roma la provatura originale è oramai di difficile reperimento.

PROVATURA FRITTA

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INGREDIENTI (per 4 persone):
1 provatura (o un semplice fior di latte)
pan grattato q.b.
farina q.b.
2 uova
sale
pepe
olio per friggere

PROCEDIMENTO: tagliare la provatura/fior di latte in fette dello spessore di circa 1,5 cm e metterle a scolare il liquido dopo averle leggermente premute con una forchetta.
Scaldare l'olio, circa mezzo litro, in un padellino dai bordi alti e, nel frattempo, infarinare leggermente le fette di provatura passandole poi nelle uova sbattute, in cui avrete aggiunto un pizzico di sale ed una grattatina di pepe nero; passare quindi le fette nel pan grattato e ripetere una seconda volta la bagna prima nell'uovo poi nel pan grattato per ottenere, in pratica, una doppia panatura.
Mettere con delicatezza le fette panate nell'olio bollente e girarle dall'altro lato dopo poco più di un minuto. In tutto la cottura dovrà durare circa 3 minuti, il tempo di far ammorbidire la mozzarella rendendola quasi filante.
Scolare le fette su cartapaglia e servirle ancora ben calde.

13 novembre 2011

ROMA CURIOSA: LA CHIESA ORTODOSSA DI "SANTA CATERINA GRANDE MARTIRE DI ALESSANDRIA"

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Il 6 ottobre del 1803, su proposta del Collegio degli Affari Esteri, l'Imperatore Alessandro I firmò il "Decreto sull’istituzione della chiesa greco-russa" a Roma e diede disposizione affinché la costruzione della nuova chiese potesse essere definita entro la primavera del 1804. Il prolungarsi degli eventi bellici contro Napoleone fece però slittare i lavori di costruzione e la "Chiesa di San Nicola Taumaturgo" fu istituita presso l’ambasciata russa a Roma solo venti anni dopo, nel 1823.
A seguito di vari eventi l’istituzione ortodossa cambiò diverse volte sede, rimanendo però, come le altre sedi presso le ambasciate russe degli altri stati europei, sempre sotto il diretto controllo della Diocesi di San Pietroburgo, mentre dal punto di vista finanziario la chiesa dipendeva dal Ministero degli Esteri russo.
Nel 1898, su determinazione dell'archimandrita Kliment, superiore della chiesa presso la propria ambasciata, la comunità russa a Roma promosse una raccolta di offerte per la costruzione di una chiesa ortodossa nella capitale italiana. La sua motivazione fu, all’incirca, quella del "...bisogno di avere una chiesa ortodossa rispondente alla dignità dell'Ortodossia e alla grandezza della Patria nella città dei santi apostoli Pietro e Paolo".

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Nel 1907 Nicola II approvò la composizione del “Comitato di costruzione”, del quale fecero parte diplomatici russi, l'archimandrita della chiesa ortodossa russa e le personalità rappresentanti della comunità russa in Italia. Alla Commissione venne sottoposto un gran numero di progetti, tra i quali anche uno dell'architetto di origine italiana Vincenzo Moraldi, mentre un progetto presentato dall'architetto Pokrovskij prevedeva che la chiesa avrebbe potuto contenere ben 500 persone.
Il 16 maggio del 1913 il Consiglio Comunale di Roma diede l'approvazione per la costruzione della chiesa sul proprio territorio, autorizzazione che in madre patria fu concessa pochi mesi dopo dall'imperatore Nicola II, ultimo Zar di Russia, il quale elargì un "contributo imperiale" di 10.000 rubli; ma già nel 1898 i gran duchi Sergej Aleksandrovič e Mikhail Nikolaevič, come molti altri industriali e commercianti moscoviti e siberiani, avevano offerto sostanziosi contributi alla causa.
Il 28 maggio del 1913 un progetto indicativo fu approvato dall'imperatore Nicola II e nell'estate del 1914 la Banca Statale dell'Impero Russo aprì un conto speciale, nella filiale di San Pietroburgo, a beneficio della chiesa.
Mi preme qui fare una digressione per chiarire i motivi della scelta del terreno su cui verrà innalzata la chiesa ortodossa.
Nel 1915 il principe Abamelek-Lazarev, per conto del “Comitato di costruzione” che presiedeva, acquistò, a nome dell'ambasciata russa a Roma, un terreno di 2065 metri quadri adiacente la propria residenza, sul Lungotevere Arnaldo di Brescia. Villa Abamelek, situata nei pressi del colle del Gianicolo, era stata costruita, tra la fine del Seicento e l'inizio del Settecento, come residenza romana del marchese genovese Paolo Girolamo Torre, un importante banchiere del tempo. La costruzione originaria, identificabile con l'attuale “Palazzina Belvedere”, era decorata con affreschi in parte ora perduti.
Nella villa si svolse perfino una riunione di vescovi, il 22 agosto 1700, in previsione dell'eventuale prossimo conclave, a causa della grave malattia del Papa Innocenzo XII, che morì, infatti, il 27 settembre di quello stesso anno.
Per problemi finanziari la famiglia Torre, nel 1722, vendette la villa all'Arcispedale di Santo Spirito in Saxia il quale, nel 1734, la rivendette a monsignor Giuseppe Maria Feroni, nobile fiorentino che fu eletto poi cardinale. Questi incaricò l'architetto fiorentino Alessandro Galilei di rinnovare il complesso con nuovi arredi: secondo la nuova moda, volta all’esotico, oltre ai classici paramenti religiosi vennero impiegate ricche carte cinesi alle pareti.
Nel 1792 la villa passò a Giovanni Torlonia e da questi alla figlia, la contessa Maria Teresa Marescotti, poi alle famiglie dei Valentini e dei Giraud. Nel 1849, in occasione del cannoneggiamento della battaglia del Gianicolo tra l’esercito francese e le truppe della Repubblica Romana, la villa subì gravi danni.

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Nel 1854 la villa venne acquistata dal principe Filippo Andrea Doria Pamphilj, che la annetté alla sua vicina abitazione e che ne ampliò e restaurò il giardino, per opera dell'architetto Andrea Busiri Vici, secondo il gusto paesistico di quel periodo.
Successivamente il complesso fu ceduto ai Ricasoli, nel 1863, per divenire, infine, nel 1907, proprietà del citato principe russo, di origine armena, Semion Abamelek Lazarev, che possedeva attività bancarie internazionali e controllava lo sfruttamento di miniere di sale in Russia. Il principe, avendo ulteriormente ampliato la tenuta con l’acquisto di vigne e casali confinanti, si avvalse dell’esperienza dell'architetto Vincenzo Moraldi, che come visto poco fa avrebbe presentato successivamente un progetto per la realizzazione dell’edificanda chiesa ortodossa, per ridisegnare parzialmente ed arricchire il giardino con un notevole numero di sculture antiche e seicentesche. In quell'occasione venne inoltre ampliato il casino settecentesco, rinominato nel secolo precedente "Villa Belvedere", e venne edificato il "Casino delle Muse", un edificio ornato da tele, arredi di ambiente veneziano, arazzi fiamminghi, sculture di varie epoche e mosaici pavimentali romani. All'esterno del Casino venne realizzato anche un emiciclo teatrale sull'impronta di quelli dell'antica Grecia.
Dopo la morte del principe, nel 1916, e quella della principessa consorte, nel 1936, l'edificio divenne proprietà dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche che, nel 1946, ne fece la propria sede diplomatica (divenne Ambasciata di Russia dal 1991, a seguito della secessione degli stati dell’Est dalla Repubblica Sovietica).

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Malgrado all'inizio del 1916 fossero già state raccolte 165.000 lire, somma del tutto sufficiente per l’edificazione, per via dell'inizio della Prima Guerra Mondiale ed a causa della conseguente mancanza di risorse finanziarie, la costruzione della chiesa fu sospesa quando ne erano state oramai quasi ultimate le fondamenta. I lavori vennero riattivati nel 1915 per fermarsi poi, definitivamente, dopo la morte del principe Abamelek e la rivoluzione in Russia nel 1917.
Ancora oggi nella chiesa di San Nicola, a Roma, è conservato il libro con la registrazione delle offerte per la costruzione della nuova chiesa ortodossa, con la firma ed il timbro dell'ambasciatore russo dell’epoca. Si è fatto riferimento alla Chiesa di San Nicola perché la comunità russa, e quella ortodossa in particolare, è da sempre legata a questo santo (di cui parte delle spoglie sono state traslate nella Chiesa di San Nicolò, a Venezia, e parte, appunto, a Bari), tanto che l’omonima Chiesa di San Nicola, a Bari, è passata nel dicembre del 2008 sotto il controllo del Patriarcato di Mosca. Fino al 1919, a Bari, presso la chiesa dedicata al santo venivano accolti i pellegrini ortodossi arrivati in Italia per venerarne le reliquie.
Nel 1921 la chiesa ortodossa, che aveva sede presso l'ambasciata russa, divenne parrocchiale. Nel 1924 l'ambasciata sovietica, per far fronte alla mancanza di fondi, vendette il terreno dove si sarebbe dovuta costruire la nuova chiesa.
Nel 1931 la principessa Maria Cernysceva donò all’ambasciata un palazzo in Via Palestro, che divenne la nuova sede della chiesa ortodossa. Nei locali siti al pianterreno di questo palazzo ancora oggi si svolgono funzioni di culto ortodosso.
All'inizio degli anni '90 del XX secolo, considerando anche che il palazzo donato dalla principessa Cernysceva necessitava di profondi restauri, fu di nuovo sollevata la questione della necessità di erigere, a Roma, una chiesa ortodossa che potesse contenere un numero sempre maggiore di fedeli. Il nuovo proposito venne avallato da Alessio II, Patriarca di Mosca e di tutta la Russia e, nell'ottobre del 1999 l'Ambasciata della Federazione Russa fece formale richiesta al Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Italiana ed al Comune di Roma per ottenere la possibilità di costruire un nuovo edificio di culto in una parte del parco di Villa Abamelek.
Nel maggio del 2000 è stato presentato al Comune di Roma il progetto per l’edificazione della “Chiesa di Santa Caterina Martire”, ad opera di Andrej Obolenskij, sul terreno di Villa Abamelek all'angolo tra Via del Lago Terrione e Via delle Fornaci, a poche centinaia di metri dalla Basilica di San Pietro in Vaticano.

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Il 14 gennaio 2001 all'interno di Villa Abamelek, alla presenza dei Ministri degli Esteri italiano e russo, Igor Ivanov e Lamberto Dini, si è svolta la cerimonia della posa della prima pietra, benedetta dall'arcivescovo di Korsun Innokentij, della futura “Chiesa di Santa Caterina grande martire di Alessandria”, santa venerata sia dagli ortodossi che dai cattolici.
Nel giugno 2002 è stata ottenuta la licenza edilizia e la costruzione della chiesa è iniziata nell'estate 2003.
Il 19 maggio 2004, con la benedizione del Patriarca di Mosca, a Roma è stata registrata l'Associazione per il sostegno della costruzione della chiesa ortodossa di Santa Caterina grande martire”, creata sull’esempio del “Comitato di costruzione” che esisteva nel periodo pre-rivoluzionario.
Pur sorgendo, la chiesa, in territorio diplomatico, è previsto il libero accesso per tutti nel comprensorio della proprietà della Federazione Russa, adiacente alla residenza dell'Ambasciatore in Villa Abamelek.
Il 19 maggio 2006 ha avuto luogo la consacrazione della chiesa, dipendente dal Patriarcato di Mosca, alla cui cerimonia hanno partecipato autorità russe e italiane.
Le funzioni religiose nella chiesa sono iniziate nell’ottobre del 2006 e nel dicembre 2007 si è svolta la consacrazione della cripta, dedicata ai santi Costantino ed Elena.
Sabato, 23 maggio 2009 è avvenuta la cerimonia di inaugurazione della nuova chiesa, la cui cupola, alta 29 metri, con i suoi colori bianco, verde acqua ed oro risalta nella vegetazione del parco Abamelek ed a ridosso del balcone panoramico del Gianicolo.
L'interno è raccolto e curatissimo e lo sguardo è attirato dalle icone affisse alle pareti, dal grande lampadario pendente dalla curiosa cupola e dai dipinti policromi alle spalle dell'altare dorato.
Ringraziamo il gentilissimo personale che ci ha permesso di entrare a visitarla malgrado l'orario delle funzioni (dalle 09.00 alle 11.00) fosse da poco passato e fossero in corso le pulizie.
Di seguito una serie di immagini della chiesa e dei suoi interni.

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FONTI: http://www.stcaterina.org/it/